Polizze Rc, limiti alla copertura validi se coerenti con i premi pagati

Articolo di Avv. Maurizio Hazan
Pubblicazione: Il Sole 24 Ore
Data: 17 Giugno 2024

Va verificata la «causa in concreto» del contratto, non la sua «meritevolezza». Per le assicurazioni sanitarie le garanzie sono previste dalla legge per tutelare i terzi.

I limiti di copertura di una clausola claims sono validi quando il contratto conserva una propria utilità, coerente con le aspettative di garanzia dell’assicurato e con l’ammontare del premio pagato. A tal fine occorre considerare la «causa in concreto» del contratto e non procedere a un «giudizio di meritevolezza».
Nella responsabilità sanitaria, poi, la claims deve conformarsi al modello descritto dalla legge 24/2017 e ora specificato dal decreto ministeriale attuativo 232/2023.
A chiarire i confini di validità delle clausole claims made è tornata la Cassazione che, con l’ordinanza 15216 del 30 maggio 2024, ha accolto il ricorso contro la sentenza d’appello che aveva ritenuto nulla una clausola claims made che non copriva richieste risarcitorie pervenute dopo la sua scadenza: secondo la Suprema corte, i giudici di secondo grado – oltre a non aver indicato la norma imperativa con cui sostituire la clausola dichiarata nulla – non avevano accertato in concreto se la claims avesse un’utile funzione di garanzia o se al contrario tradisse una «assenza di corrispettività» tra pagamento del premio, aspettative di copertura e assunzione del rischio.
Le clausole claims made, elemento tipico (soprattutto) delle polizze della responsabilità civile professionale, derogano al regime di operatività temporale della garanzia e possono esporre l’assicurato a rischi di scopertura, soprattutto quando fatti accaduti durante la vigenza della garanzia danno luogo a richieste risarcitorie avanzate dal terzo danneggiato solo dopo la scadenza della polizza. Il problema si pone spesso quando l’assicurato cambi compagnia e non trovi una polizza in grado di coprire le richieste relative a “fatti noti” anteriori.

La vicenda

Il caso trattato dalla Cassazione riguarda una richiesta risarcitoria nei confronti di una struttura sanitaria dopo lo spirare della sua polizza di Rc (benché relativa a un errore medico commesso durante la vigenza della polizza). La clausola claims made inserita nel contratto (prima della legge Gelli), pur idonea a garantire eventi commessi nel triennio anteriore al suo perfezionamento, non prevedeva alcuna “ultrattività” e non copriva, perciò, richieste presentate dal terzo in epoca successiva alla scadenza della garanzia. Per questo la compagnia eccepiva la scopertura e rifiutava il pagamento dell’indennizzo.
La Corte d’appello respingeva l’eccezione dichiarando l’invalidità della clausola, perché incompatibile con la causa in concreto della polizza e con la sua finalità di coprire il rischio sanitario per tutta la sua durata (in particolare per gli eventi che, accaduti a ridosso della scadenza assicurativa, rimarrebbero privi di garanzia perché seguiti da richieste risarcitorie successive alla scadenza). Di qui la nullità parziale del contratto, alla disapplicazione della clausola claims e la dichiarazione di operatività della polizza.

La decisione

La Cassazione, pur confermando l’astratta possibilità di sindacare la claims made sotto il profilo della sua causa in concreto, critica il ragionamento della Corte d’appello, perché non sorretto da quel rigoroso vaglio critico predicato dalle Sezioni unite (sentenza 22437/2018): sarebbe stato necessario non solo prendere atto di possibili scoperture ma verificare se il (più o meno) limitato regime temporale del contratto continuasse ad avere un’utilità per l’assicurato mantenendo intatta una sia pur ridotta funzione tipica di garanzia (anche alla luce del premio pagato e di quanto concordato tra le parti in sede di trattativa precontrattuale). Il principio è condivisibile, ni termini generali: ogni assicurato è libero di decidere quanto rischio “assegnare” all’assicuratore e quanto invece tenere per sé. Una clausola claims made dal prezzo contenuto e dall’ambito di garanzia ristretto potrebbe dunque essere perfettamente coerente con le esigenze di copertura dell’assicurato.

Le assicurazioni professionali

Quando però si parla di assicurazioni professionali e, soprattutto, di coperture del rischio sanitario, oggi disciplinate dal decreto ministeriale 232/2023, la questione cambia. Sono assicurazioni obbligatorie, che mirano anche a tutelare i terzi danneggiati. I limiti alla copertura devono essere tali da non frustrare le loro aspettative di risarcimento, in relazione a fatti accaduti durante la vigenza della polizza. Non è dunque un caso se proprio con riferimento ai rischi della sanità il regime di operatività temporale è stato selezionato dal legislatore, attraverso una soluzione che cerca di contemperare tutti gli interessi in gioco: così l’articolo 1 della legge 24/2017 prevede una retroattività decennale e una ultrattività (decennale) eventuale, in caso di cessazione definitiva dell’attività del professionista. Il sistema mira a garantire una continuità assicurativa di fatto, purché il professionista adempia con continuità i propri obblighi di copertura sino alla cessazione della propria attività.

Rimangono però rischi di scopertura. Intanto non è chiaro se la retroattività di legge escluda i “fatti noti” o se questi debbano essere coperti, previe adeguate mappatura e quotazione in sede di assunzione del rischio. Altre questioni si pongono, infine, per le strutture sanitarie, che possono decidere di ricorrere a misure di “autoritenzione” del rischio.