L’assoluzione penale non esclude il risarcimento

Articolo di: Avv. Filippo Martini
Pubblicazione: Il Sole 24 Ore
Data: 7 Ottobre 2024

Un ente pubblico, proprietario di un’area aperta alla collettività, è responsabile oggettivamente per i danni causati ai terzi dall’omessa manutenzione di un bene soggetto al proprio dominio. Ed è irrilevante, ai fini della responsabilità dell’ente, la colpa dei dipendenti: la responsabilità, essendo oggettiva, prescinde dalle condotte dei singoli.

Tanto che è possibile l’assoluzione dei dipendenti nel giudizio penale e la condanna dell’ente a risarcire il danno in quello civile. È quanto è accaduto nel giudizio deciso dalla Cassazione con la sentenza 25200 del 19 settembre scorso. Il procedimento è scaturito da una vicenda molto grave, che aveva riguardato un giovane morto folgorato a causa di un lampione della rete pubblica che presentava dei fili scoperti. Il ragazzo stava giocando a pallone in un’area pubblica vicino alla scuola e si era appoggiato al lampione per recuperare il pallone finito fuori dalla recinzione.

I giudizi penali avviati dopo la morte del ragazzo si erano conclusi con l’assoluzione del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune e la condanna per omicidio colposo del titolare della ditta che aveva svolto le opere di manutenzione dell’area interessata dall’incidente.

Sul fronte civilistico, invece, la Corte d’appello aveva condannato il Comune al risarcimento del danno ai parenti della vittima per il danno morale da privazione del rapporto parentale. Il Comune ha quindi presentato ricorso in Cassazione facendo valere, tra l’altro, proprio l’assoluzione nel procedimento penale.

Processo penale e civile

I giudici di legittimità ribadiscono che «la colpa dei dipendenti del Comune è completamente irrilevante ai fini del titolo di responsabilità di quest’ultimo, la quale è pressoché oggettiva e prescinde dalle condotte negligenti di chicchessia». Del resto, rileva la Corte, in materia di rapporti tra giudizio penale e civile, l’assoluzione dell’imputato non preclude la possibilità di pervenire, nel giudizio di risarcimento danni a carico dello stesso soggetto, alla sua condanna «considerato il diverso atteggiarsi (…) sia dell’elemento della colpa che delle modalità di accertamento del nesso di causalità materiale».

Mentre infatti nel giudizio penale (nel caso affrontato dalla Cassazione, svolto a carico del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune) la condotta deve essere sempre valutata sul piano causale quale idonea «oltre il ragionevole dubbio» a determinare l’evento-reato, nel giudizio civile il Comune, per effetto dell’articolo 2051 del Codice civile, è responsabile oggettivamente del danno provocato dal bene in custodia, salvo che provi il caso fortuito oppure che il danno sia stato causato da altro soggetto estraneo alla sua sfera di governo.

Ciò anche quando, come nel caso esaminato, lo stato di pericolosità del bene era stato determinato da un negligente intervento della ditta alla quale l’ente pubblico aveva appaltato i lavori di manutenzione, posto che, una volta cessati i lavori affidati a terzi, il Comune torna a essere custode e responsabile del bene, avendo sempre l’onere di verificare la non pericolosità intrinseca del manufatto di proprietà.

Parenti risarciti

La sentenza amplia anche il raggio dei congiunti della persona deceduta per fatto illecito altrui che possono chiedere il danno morale per la perdita del rapporto parentale.

In particolare, il Comune aveva contestato il risarcimento riconosciuto dalla Corte d’appello al nonno della vittima. L’ente infatti faceva notare che i due non erano conviventi e che non doveva essere riconosciuto alcunché a un membro non appartenente al nucleo familiare primario. Ma la Cassazione disattende la censura sollevata, rammentando che il legame parentale fra nonno e nipote consente di presumere sempre che il secondo subisca un pregiudizio non patrimoniale per la morte del giovane congiunto. Ciò anche quando non esista un rapporto di convivenza, che non costituisce un criterio per la sussistenza del danno ma solo, semmai, un elemento per valutare l’entità del danno risarcibile.