Da risarcire anche il passeggero che dichiara il falso alla compagnia

Articolo di: Avv. Maurizio Hazan
Pubblicazione: Il Sole 24 Ore
Data: 15 Ottobre 2024

Il terzo trasportato, quando vittima di un sinistro stradale imputabile alla responsabilità del conducente/ vettore, deve sempre poter contare su un pieno risarcimento da parte dell’assicuratore che copre la Rc del veicolo su cui si trovava. Non importa se egli sia anche il proprietario del mezzo e neppure il fatto che sia il contraente della polizza sul veicolo: l’assicuratore non potrà addurre tali ragioni per rifiutarsi di risarcirlo e nemmeno opporgli eventuali limitazioni di copertura fondate sul contratto assicurativo. Lo ribadisce la Corte Ue con la sentenza 236/23 del 19 settembre, precisando alcuni importanti principi eurounitari che devono governare, anche negli ordinamenti nazionali, la Re auto, per l’obiettivo di massima tutela delle vittime della strada, alla base della direttiva 2009/103.

I fatti e il principio

Ma la vicenda decisa dalla Corte è peculiare e la pronuncia, oltre a consentire alcune utili considerazioni, lascia qualche dubbio interpretativo. Nei fatti, accaduti in Francia, la compagnia aveva negato il risarcimento al trasportato perché quest’ultimo, da contraente, le aveva dolosamente dichiarato di essere l’unico conducente, sebbene il mezzo fosse utilizzato da un altro soggetto (il proprietario, portatore di un rischio maggiore).

La falsità della dichiarazione causava la nullità della polizza (in modo non troppo dissimile da quanto accade in Italia, articolo 1892 del Codice civile). Ma la Corte Ue è perentoria nel chiarire che tale vizio del contratto non può esser fatto valere dalla compagnia per sottrarsi ai propri obblighi risarcitori; così, in Italia, tale eccezione rientrerebbe tra quelle non opponibili al terzo ex articolo 144 del Codice delle assicurazioni (Cap).

La Corte Ue coglie poi l’occasione per ribadire l’irrilevanza del fatto che il trasportato sia anche il proprietario del veicolo o il contraente della polizza: quel che basta, per esser risarcito, è l’esser stato vittima del sinistro, al pari di qualsiasi altro passeggero non qualificato.

La gravità della condotta

Rimaneva però da verificare se la particolare gravità del caso (false dichiarazioni in fase precontrattuale) potesse cambiare i termini della questione e consentire alla compagnia di rifiutare il risarcimento opponendo la nullità del contratto. La risposta della Corte Ue è stata ancora una volta negativa e tesa a privilegiare il diritto risarcitorio della vittima del sinistro, anche quando contraente “infedele”. Peri giudici, le uniche ipotesi di legittimo rifiuto del risarcimento riguarderebbero:

  • i casi di circolazione prohibente domino, quando il passeggero sia salito sul veicolo che ha causato il danno sapendo che era rubato;
  • i casi in cui il danneggiato tenga condotte abusive e tese a ottenere ingiusti vantaggi assicurativi.

Nessuna di tali circostanze risulterebbe nel caso di specie. Neppure l’abuso: ne mancherebbe l’elemento soggettivo, dato che il passeggero/contraente ha reso dichiarazioni false non per un personale tornaconto ma nell’interesse del proprietario/conducente.

Le perplessità

Tale ragionamento lascia qualche perplessità, anche per le conseguenze che la Corte Ue trae in tema di rivalsa dell’assicuratore. Rivalsa che consente a quest’ultimo di recuperare dall’assicurato quanto pagato al danneggiato senza poter eccepire l’invalidità della polizza o le clausole contrattuali di delimitazione della copertura. Qui il collegio esclude che si possa ottenere in via di rivalsa dal danneggiato, neppure se contraente, il rimborso della «totalità» delle somme versategli a titolo risarcitorio, pena la vanificazione della tutela che comunque gli spetta, in veste di danneggiato.

Una conclusione ovvia nella maggior parte dei casi: l’azione di rivalsa presuppone naturalmente che l’assicurato (che la subisce) sia soggetto diverso dal danneggiato.

Non è del tutto chiaro, peraltro, cosa avvenga quando le due figure, eccezionalmente, coincidano, come nel caso in cui il conducente sia diverso dal proprietario e quest’ultimo abbia subito un danno alla persona (articolo 129 del Cap) per un sinistro. Qui parrebbe da escludersi la regola della non opponibilità delle eccezioni e della conseguente rivalsa, con possibilità per la compagnia di far valere frontalmente eventuali vizi del contratto o limiti di copertura e respingere la richiesta di risarcimento.

Diverso è il caso del contraente infedele, che non sia anche proprietario/assicurato; egli non è legittimato passivo della rivalsa e, lo abbiamo visto, conserva pieno e intatto – secondo la Corte Ue – il proprio diritto risarcitorio: anche nel caso in cui il contratto sia dichiarato invalido per effetto delle sue dichiarazioni false, la rivalsa non potrà ovviamente riguardarlo, dovendo invece essere indirizzata sull’assicurato/ proprietario, magari del tutto incolpevole ed estraneo alla stipula del contratto. Una tal soluzione non sembra rispondere ai canoni del giusto. Va peraltro osservato come la sentenza vieti il recupero della totalità delle somme pagate a titolo risarcitorio dall’assicuratore, il che lascia aperto il dubbio circa l’ammissibilità di un recupero “parziale”.

La rivalsa concordata

Va infine osservato che la Corte Ue non prende posizione sulla possibilità di introdurre pattiziamente un diritto di rivalsa a carico del contraente infedele, quando non danneggiato.