Nuove regole per annullamento ordini e reso dell’invenduto
Articolo di Avv. Stefano Taurini e Avv. Alessandro Bugli
Pubblicazione: MARK UP
Data: 7 Marzo 2022
Continuiamo nell’analisi del decreto legislativo 198 e questa volta ci soffermiamo sulle nuove regole per l’annullamento degli ordini e reso dell’invenduto, un tema particolarmente interessante per il sistema distributivo italiano. Ne abbiamo parlato con gli avvocati Stefano Taurini e Alessandro Bugli dello studio Thmr.
Varando il decreto legislativo 198 –entrato in vigore lo scorso 15 dicembre 2021– il legislatore italiano ha recepito la direttiva europea 2019/633, introducendo nell’ordinamento nazionale un nuovo insieme di regole il cui obiettivo, indicato in modo esplicito all’art. 1 del provvedimento, è quello di contrastare quelle pratiche commerciali sleali che più facilmente possono trovare spazio nelle relazioni tra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari.
Il provvedimento, che rappresenta lo sviluppo naturale della normativa già in precedenza vigente in Italia (e segnatamente dell’art. 62 DL 24 gennaio 2012 n.1 e relativo regolamento di attuazione), assicura tutela a tutti gli operatori della filiera, ed in questo senso copre un’area più vasta di quella considerata dalla direttiva europea, che risulta concepita al più limitato fine di proteggere i fornitori (specialmente gli agricoltori) contro acquirenti dotati di maggior forza contrattuale e per tale motivo capaci di imporre loro condizioni contrattuali inique.
Il decreto si articola in regole generali e disposizioni particolari. Da un lato, infatti, richiama i generali principi di trasparenza e correttezza, prevedendo sanzioni a carico delle imprese che si avvalgano della propria posizione per imporre condizioni contrattuali eccessivamente gravose, per ottenere vantaggi ingiustificati o comunque per adottare condotte sleali.
Dall’altro individua una serie di comportamenti specifici che sono vietati in ogni caso (cd black list) o nel solo caso in cui non siano stati oggetto di accordi chiari ed univoci formalizzati dalle parti nella documentazione contrattuale (cd grey list).
Nell’elenco dei comportamenti sempre vietati si trova anche quello – imposto all’acquirente – di annullare un ordine di prodotti deperibili (e dunque di prodotti aventi shelf life non superiore a 30 giorni) con un preavviso inferiore a 30 giorni (v. art. 4.1.c)
La norma è figlia dell’analoga disposizione che si legge nella Direttiva europea, dove però si chiariva che il senso del divieto era quello di evitare che, a causa di una tempistica inadeguata nell’annullamento degli ordini, il fornitore potesse trovarsi nell’impossibilità di vendere o di utilizzare altrimenti i prodotti oggetto dell’ordine annullato.
Il problema maggiore che si rileva nell’applicazione della disposizione italiana riguarda la prassi del mercato distributivo, nel quale gli ordini di prodotti deperibili sono di regola trasmessi ai fornitori con un anticipo, rispetto, al previsto momento di consegna, molto inferiore a trenta giorni.
Per tale ragione le maggiori organizzazioni rappresentative del settore hanno già segnalato al ministero la necessità di intervenire con una nuova disposizione che, recuperando pienamente il senso e la finalità della direttiva, definisca i casi particolari ed i settori in cui l’annullamento degli ordini potrà essere concordato con preavviso anche inferiore a trenta giorni, senza che ciò comporti un danno per il fornitore.
Questa possibilità è del resto espressamente considerata nel decreto 198, che la riferisce ad un regolamento da promulgare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento (e dunque entro il 15 marzo 2022).
Un simile intervento comporterà due vantaggi: da un lato avvicinerà la previsione legislativa alla realtà imprenditoriale e renderà più concreta la tutela di entrambe le parti dello scambio commerciale, dall’altro allontanerà il rischio di aumentare la conflittualità nell’applicazione di un’altra disposizione del decreto 198, quella relativa al reso dell’invenduto.
Nella grey list -e dunque nell’elenco delle pratiche vietate solo in assenza di chiari accordi preventivi tra venditori ed acquirente- è infatti compresa la restituzione dei prodotti non venduti, senza che l’acquirente paghi alcunché al venditore a titolo di prezzo delle merci o di costi dello smaltimento.
Una revisione dei confini di applicazione del divieto di annullamento degli ordini consentirà alle imprese acquirenti di gestire con minore intransigenza la contrattazione dei patti legati al reso delle merci invendute, con conseguente miglioramento delle future relazioni con i fornitori.